«Abbiamo due occhi. Con uno vediamo le cose del tempo, effimere, che spariscono. Con l’altro noi vediamo le cose dell’anima, eterne, che permangono». Così scrisse il mistico Angelo Silesio (pseudonimo di Johann Scheffler, 1624-1677, mistico e poeta tedesco - n.d.t.).
Nell’ambulatorio dell’oculista c’era affissa una stampa con la sezione anatomica dell’occhio. Scientifica. Vera. In quella notte lo stesso oculista s’incontrò con la sua amata. Guardando innamorato i suoi occhi e dimenticando la stampa attaccata alla parete del suo ambulatorio disse: «I tuoi occhi, mare profondo…».
Nell’ambulatorio, il medico non parlerebbe mai in questa maniera. Parlerebbe come uno scienziato. Ma gli occhi della sua amata lo trasformarono in poeta. Come scienziato, dice quello che vede con il primo occhio. Come innamorato, dice quello che vede con il secondo occhio. Ogni occhio vede correttamente a seconda del mondo a cui appartiene.
Il filosofo Ludwig Wittgenstein creò l’espressione «giochi del linguaggio» per descrivere quello che facciamo quando parliamo. Giochiamo con le parole… Vedi il gioco di parole chiamato «barzelletta». Quello che ci si aspetta da una barzelletta è che essa provochi una risata. Immagina, invece, che mentre tutti ridono, una persona chieda: «ma quello che hai raccontato è successo veramente?». A quel punto, lo guarderesti perplesso e penseresti: «Poveretto! Non sa che in questo gioco non ci sono verità. Solamente esistono cose ridicole». Andiamo, adesso, ad un altro gioco di parole, la poesia : «…e nel fondo di questa fredda luce marina, nuotano i miei occhi, due piccoli pesci, alla ricerca di me stessa». Qui la stessa persona contesta quello che dice il poema: «Ma questo non può essere vero. Se Cecilia Meireles si trovasse nel fondo del mare, affogherebbe. E poi gli occhi non sono pesci…». Pover’uomo… Non sa che la poesia non è un linguaggio per dire le cose che esistono. È, invece, un gioco per fare la bellezza. La scienza anch’essa è un gioco di parole. È il gioco della verità, dire il mondo com’è.
Succede che noi, esseri umani, soffriamo di «anomalie»: non riusciamo a vivere nel mondo della verità, nel mondo così com’è. Il mondo, così com’è, è molto piccolo per il nostro amore. Abbiamo nostalgia della bellezza, dell’allegria e, chi lo sa, dell’eternità. Desideriamo che l’allegria non abbia mai fine. Ma bellezza e allegria, dove si incontrano queste «cose»?. Esse non sono presenti nel mondo, a lato delle cose del mondo così com’è. Esse semplicemente non sono, esistono non esistendo, come i sogni, e possono essere viste solamente con il «secondo occhio». Chi le vede sono gli artisti. E se qualcuno, attraverso l’uso del primo occhio, obietta che queste non esistono, gli artisti rispondono: «Non ha importanza. Le cose che non esistono sono più belle» (Manoel de Barros). Infatti, i sogni, alla fine, sono la sostanza di cui siamo fatti.
È nel mondo incantato dei sogni che nascono le fantasie religiose. Le religioni sono sogni dell’animo umano che solo possono essere visti con il secondo occhio. Sono poemi. E non si può chiedere a un poema se ciò che racconta sia successo veramente… Gesù si muoveva in mezzo a cose che non esistevano e le trasformava in parabole, che sono storie che non sono mai successe. E nonostante la loro non esistenza, le parabole hanno il potere di farci vedere ciò che non abbiamo mai visto. Ciò che non è, ciò che non è mai esistito, ciò che è sogno e lapoesia ha il potere di cambiare il mondo. «Che sarebbe di noi senza l’aiuto dalle cose che non esistono?», si chiedeva Paul Valery. Leggo i poemi della creazione. Non mi spiegano niente circa l’inizio dell’universo e la nascita dell’uomo. Di ciò parlano gli scienziati. Ma essi mi fanno sentire amorevolmente legato a questo mondo meraviglioso in cui vivo e che la mia vocazione è di essere suo giardiniere…Leggo la parabola del Figliol Prodigo, una storia mai avvenuta. Ma nel leggerla i miei sensi di colpa spariscono e comprendo che Dio non tiene conto dei debiti e non tiene conto dei crediti…
Due occhi, due mondi, ognuno dei quali vede bene nel suo proprio mondo… Ma poi vennero i burocrati della religione e cacciarono i poeti e gli eretici. Dal momento che sono ciechi del secondo occhio i burocrati non riescono a vedere quello che vedono i poeti. E i poemi cominciarono ad essere interpretati letteralmente. E, così, quello che era bello divenne ridicolo. Ogni poema interpretato letteralmente è ridicolo. Ogni religione che pretende di avere una conoscenza scientifica circa il mondo è ridicola. Non ci sarebbero conflitti se il primo occhio vedesse bene le cose del proprio luogo e il secondo occhio vedesse bene quelle del suo. Conoscenza e poesia, così, dandosi la mano, potrebbero aiutare a trasformare il mondo.
Rubem Alves - Fonte © Cem Mondialità. Traduzione di Marco Dal Corso. http://www.cem.coop/rivista/aprile08/